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Library:Prison Notebooks In Original Italian/Notebook 20

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Written in 1935

 QUADERNO 20


         AZIONE CATTOLICA – CATTOLICI INTEGRALI, GESUITI, MODERNISTI

Q20 §1 L’Azione Cattolica. L’Azione Cattolica, nata specificatamente dopo il 1848, era molto diversa da quella attuale, riorganizzata da Pio XI. La posizione originaria dell’Azione Cattolica dopo il 1848 (e in parte anche nel periodo di incubazione che va dal 1789 al 1848, quando sorge e si sviluppa il fatto e il concetto di nazione e di patria che diventa l’elemento ordinatore – intellettualmente e moralmente – delle grandi masse popolari in concorrenza vittoriosa con la Chiesa e la religione cattolica) può essere caratterizzata estendendo alla religione cattolica l’osservazione che uno storico francese (verificare) ha fatto a proposito della monarchia «legittimista» e di Luigi XVIII: pare che Luigi XVIII non riuscisse a persuadersi che nella Francia dopo il 1815 la monarchia dovesse avere un partito politico specifico per sostenersi.

Tutti i ragionamenti fatti dagli storici cattolici (e le affermazioni apodittiche dei pontefici nelle Encicliche) per spiegare la nascita dell’Azione Cattolica e per riallacciare questa nuova formazione a movimenti e attività «sempre esistiti» da Cristo in poi, sono di una estrema fallacia. Dopo il 1848 in tutta l’Europa (in Italia la crisi assume la forma specifica e diretta dell’anticlericalismo e della lotta anche militare contro la Chiesa) la crisi storico‑politico‑intellettuale è superata con la netta vittoria del liberalismo (inteso come concezione del mondo oltre che come particolare corrente politica) sulla concezione cosmopolitica e «papalina» del cattolicismo. Prima del 1848 si formavano partiti più o meno effimeri e insorgevano singole personalità contro il cattolicismo;dopo il 1848 il cattolicismo e la Chiesa «devono» avere un proprio partito per difendersi, e arretrare il meno possibile, non possono più parlare (altro che ufficialmente, perché la Chiesa non confesserà mai l’irrevocabilità di tale stato di cose) come se sapessero di essere la premessa necessaria e universale di ogni modo di pensare e di operare. Molti oggi non riescono più neanche a persuadersi che così potesse essere una volta. Per dare un’idea di questo fatto, si può offrire questo modello: oggi nessuno può pensare sul serio a fondare un’associazione contro il suicidio (è possibile che in qualche parte esista una qualche società del genere, ma si tratta di altra cosa), perché non esiste nessuna corrente d’opinione che cerchi persuadere gli uomini (e riesca sia pure parzialmente) che occorre suicidarsi in massa (sebbene siano esistiti singoli individui e anche piccoli gruppi che hanno sostenuto tali forme di nichilismo radicale, pare in Ispagna): la «vita» è la premessa necessaria di ogni manifestazione di vita, evidentemente. Il cattolicismo ha avuto una tale funzione e di ciò rimangono tracce abbondanti nel linguaggio e nei modi di pensare specialmente dei contadini: cristiano e uomo sono sinonimi, anzi sono sinonimi cristiano e «uomo incivilito». («Non sono cristiano!» – «E allora cosa sei, una bestia?») I coatti dicono ancora: «cristiani e coatti» (ad Ustica prime meraviglie quando all’arrivo del vaporetto si sentiva dire dai coatti: «sono tutti cristiani, non ci sono che cristiani, non c’è neanche un cristiano»). I carcerati invece dicono più comunemente: «borghesi e detenuti», o scherzosamente: «soldati e borghesi», sebbene i meridionali dicano anche «cristiani e detenuti». Sarebbe così interessante studiare tutta la serie di passaggi storico‑semantici per cui nel francese da «cristiano» si è ottenuto «crétin» (donde l’italiano «cretino») e addirittura «grédin»; il fenomeno deve essere simile a quello per cui «villano» da «uomo di campagna» ha finito per significare «screanzato» e addirittura «gaglioffo e mascalzone», cioè il nome «cristiano» impiegato dai contadini (pare dal contadini di alcune regioni alpine) per indicare se stessi come «uomini», si è, in alcuni casi di pronunzia locale, staccato dal significato religioso ed ha avuto la stessa sorte di «manant». Forse anche il russo «krestianin» = contadino ha la stessa origine, mentre «cristiano» in senso religioso, forma più colta, ha mantenuto l’aspirazione X greco (in senso spregiativo si diceva «muĝik»). A questa concezione è forse da legare anche il fatto che in alcuni paesi, dove gli ebrei non sono conosciuti, si crede o si credeva che essi avessero la coda e le orecchie di porco o altro attributo animalesco.

L’esame storico critico del movimento d’Azione Cattolica può dar luogo, analiticamente, a diverse serie di ricerche e di studi.

I Congressi nazionali. Come sono preparati dalla stampa centrale e locale. Il materiale ufficiale preparatorio: relazioni ufficiali e d’opposizione.

L’Azione Cattolica è stata sempre un organismo complesso, anche prima della costituzione della Confederazione bianca del Lavoro e del Partito Popolare. La Confederazione del Lavoro era considerata organicamente una parte costitutiva dell’Azione Cattolica, il Partito Popolare invece no, ma lo era di fatto. Oltre che alle altre ragioni, la costituzione del Partito Popolare fu consigliata da ciò che si riteneva inevitabile nel dopo guerra una avanzata democratica, alla quale occorreva dare un organo e un freno, senza mettere in rischio la struttura autoritaria dell’Azione Cattolica che ufficialmente è diretta personalmente dal Papa e dai Vescovi: senza il Partito Popolare e le innovazioni in senso democratico portate nella Confederazione sindacale, la spinta popolaresca avrebbe sovvertito tutta la struttura dell’Azione Cattolica, mettendo in quistione l’autorità assoluta delle gerarchie ecclesiastiche. La stessa complessità si verificava e si verifica ancora nel campo internazionale; sebbene il Papa rappresenti un centro internazionale per eccellenza, di fatto esistono alcuni uffici che funzionano per coordinare e dirigere il movimento politico e sindacale cattolico in tutti i paesi, come l’Ufficio di Malines che ha compilato il Codice Sociale e l’Ufficio di Friburgo per l’azione sindacale (è da verificare la funzionalità di questi uffici dopo i mutamenti avvenuti nei paesi tedeschi oltre che in Italia nel campo dell’organizzazione politica e sindacale cattolica).

Svolgimento dei Congressi. Argomenti messi all’ordine del giorno e argomenti omessi per evitare conflitti radicali.

L’ordine del giorno dovrebbe risultare dai problemi concreti che si sono imposti all’attenzione nello spazio tra un congresso e l’altro e dalle prospettive avvenire, oltre che dai punti dottrinari intorno ai quali si formano le correnti generali d’opinione e si raggruppano le frazioni.

Su quale base e con quali criteri vengono scelte o rinnovate le direzioni? Sulla base di una tendenza dottrinaria generica, dando alla nuova Direzione una fiducia generica, oppure dopo che il Congresso ha fissato un indirizzo concreto e preciso di attività? La democrazia interna di un movimento (cioè il grado più o meno grande di democrazia interna, cioè di partecipazione degli elementi di base alla decisione e alla fissazione della linea di attività) si può misurare e giudicare anche e forse specialmente a questa stregua.

Altro elemento importante è la composizione sociale dei Congressi, del gruppo degli oratori e della direzione eletta, in rapporto alla composizione sociale del movimento nel suo complesso.

Rapporto tra le generazioni adulte e quelle giovanili. I Congressi si occupano essi direttamente del movimento giovanile, che dovrebbe essere la fonte maggiore per il reclutamento e la migliore scuola per il movimento, o lascia ai giovani di pensare a se stessi?

Che influsso hanno (avevano) nei Congressi le organizzazioni subordinate e sussidiarie (o che tali dovrebbero essere), il gruppo parlamentare, gli organizzatori sindacali, ecc.? Ai deputati e ai capi sindacali viene fatta nei Congressi una posizione speciale, ufficialmente e organicamente o sia pure solo di fatto?

Oltre che nelle discussioni dei Congressi è necessario fissare lo svolgimento che hanno avuto nel tempo e nello spazio i problemi concreti più importanti: la quistione sindacale, il rapporto tra il centro politico e i sindacati, la quistione agraria,

le quistioni di organizzazione interna, in tutte le diverse interferenze. Ogni quistione presenta due aspetti: come è stata trattata teoricamente e tecnicamente e come è stata affrontata praticamente.

Altra quistione è quella della stampa, nei suoi diversi aspetti: quotidiana, periodica, opuscoli, libri, centralizzazione o autonomia della stampa ecc.

La frazione parlamentare: trattando di ogni determinata attività parlamentare, occorre tener presenti alcuni criteri di ricerca e di giudizio. Quando il deputato di un movimento popolaresco parla in Parlamento (e un senatore al Senato) ci possono essere tre o più versioni del suo discorso: 1) la versione ufficiale degli Atti parlamentari, che di solito è riveduta e corretta e spesso edulcorata post festum; 2) la versione dei giornali ufficiali del movimento al quale il deputato appartiene ufficialmente: essa è combinata dal deputato d’accordo col corrispondente parlamentare, in modo da non urtare certe suscettibilità o della maggioranza ufficiale del partito o dei lettori locali e non creare ostacoli prematuri a determinate combinazioni in corso o desiderate; 3) la versione dei giornali di altri partiti o dei così detti organi della pubblica opinione (giornali a grande diffusione) che è fatta dal deputato d’accordo coi rispettivi corrispondenti parlamentari in modo da favorire determinate combinazioni in corso: tali giornali possono mutare da un periodo all’altro a seconda dei mutamenti avvenuti nelle rispettive direzioni politiche o nel governi. Lo stesso criterio può essere esteso al campo sindacale, a proposito dell’interpretazione da dare a determinati eventi o anche all’indirizzo generale della data organizzazione sindacale. Per esempio: la «Stampa», il «Resto del Carlino», il «Tempo» (di Naldi) hanno servito, in certi anni, da casse di risonanza e da strumenti di combinazioni politiche tanto ai cattolici come ai socialisti. Un discorso parlamentare (o uno sciopero, o una dichiarazione di un capo sindacale) socialista o popolare, era presentato sotto una certa luce da questi giornali per il loro pubblico, mentre era presentato sotto altra luce dagli organi cattolici o socialisti. I giornali popolari e socialisti tacevano addirittura al loro pubblico certe affermazioni di rispettivi deputati che tendevano a rendere possibile una combinazione parlamentare‑governativa delle due tendenze, ecc. ecc. È indispensabile anche tener conto delle interviste date dai deputati ad altri giornali e degli articoli pubblicati in altri giornali. L’omogeneità dottrinale e politica di un partito può anche essere saggiata con questo criterio: quali indirizzi sono favoriti dai soci di questo partito nella loro collaborazione ai giornali di altra tendenza o così detti di opinione pubblica: talvolta i dissensi interni si manifestano solo così, i dissidenti scrivono, in altri giornali, articoli firmati o non firmati, danno interviste, suggeriscono motivi polemici, si fanno provocare per essere «costretti» a rispondere, non smentiscono certe opinioni loro attribuite ecc.

Q20 §2 L’Azione Cattolica e i terziari francescani. Può farsi un paragone qualsiasi tra l’Azione Cattolica e le istituzioni come i terziari francescani? Certo no, quantunque sia bene accennare introduttivamente non solo ai terziari, ma anche al fenomeno più generale dell’apparire nello sviluppo storico della Chiesa degli ordini religiosi, per meglio definire i caratteri e i limiti della stessa Azione Cattolica. La creazione dei terziari è un fatto molto interessante di origine e tendenza democratico‑popolare, che illumina meglio il carattere del francescanesimo come ritorno tendenziale ai modi di vita e di credenza del cristianesimo primitivo, comunità di fedeli e non del solo clero come esso era venuto sempre più diventando. Sarebbe perciò utile studiare bene la fortuna di questa iniziativa, che non è stata molto grande, perché il francescanesimo non divenne tutta la religione, come era nell’intenzione di Francesco, ma si ridusse a uno dei tanti ordini religiosi esistenti. L’Azione Cattolica segna l’inizio di una epoca nuova nella storia della religione cattolica: quando essa da concezione totalitaria (nel duplice senso: che era una totale concezione del mondo di una società nel suo totale), diventa parziale (anche nel duplice senso) e deve avere un proprio partito. I diversi ordini religiosi rappresentano la reazione della Chiesa (comunità dei fedeli o comunità del clero), dall’alto o dal basso, contro le disgregazioni parziali della concezione del mondo (eresie, scismi ecc. e anche degenerazione delle gerarchie); l’Azione Cattolica rappresenta la reazione contro l’apostasia di intere masse, imponente, cioè contro il superamento di massa della concezione religiosa del mondo. Non è più la Chiesa che fissa il terreno e i mezzi della lotta; essa invece deve accettare il terreno impostole dagli avversari o dall’indifferenza e servirsi di armi prese a prestito dall’arsenale dei suoi avversari (l’organizzazione politica di massa). La Chiesa, cioè, è sulla difensiva, ha perduto l’autonomia dei movimenti e delle iniziative, non è più una forza ideologica mondiale, ma una forza subalterna.

Q20 §3 Sulla povertà, il cattolicismo e la gerarchia ecclesiastica. In un libretto su Ouvriers et Patrons (memoria premiata nel 1906 dall’Accademia di Scienze morali e politiche di Parigi) è riferita la risposta data da un operaio cattolico francese all’autore dell’obbiezione mossagli che, secondo le parole di Gesù riportate da un Evangelo, ci devono essere sempre ricchi e poveri: «ebbene, lasceremo almeno due poveri perché Gesù non abbia ad aver torto». La risposta è epigrammatica, ma degna dell’obbiezione. Da quando la quistione ha assunto un’importanza storica per la Chiesa, cioè da quando la Chiesa ha dovuto porsi il problema di arginare la così detta «apostasia» delle masse, creando un sindacalismo cattolico (operaio, perché agli imprenditori non è stato mai imposto di dare un carattere confessionale alle loro organizzazioni sindacali), le opinioni più diffuse sulla quistione della «povertà» che risultano dalle encicliche e da altri documenti autorizzati, possono riassumersi in questi punti: 1) La proprietà privata, specialmente quella fondiaria, è un «diritto naturale» che non si può violare neanche con forti imposte (da questo principio sono derivati i programmi politici delle tendenze democratico- cristiane per la distribuzione delle terre con indennità, ai contadini poveri, e le loro dottrine finanziarie); 2) I poveri devono contentarsi della loro sorte, poiché le distinzioni di classe e la distribuzione della ricchezza sono disposizioni di dio e sarebbe empio cercare di eliminarle; 3) L’elemosina è un dovere cristiano e implica l’esistenza della povertà; 4) La quistione sociale è anzitutto morale e religiosa, non economica e dev’essere risolta con la carità cristiana e con i dettami della moralità e il giudizio della religione. (È da cfr il Codice Sociale di Malines, nelle successive elaborazioni).

Q20 §4 Cattolici integrali, gesuiti, modernisti. I «cattolici integrali» ebbero molta fortuna sotto il papato di Pio X; rappresentarono una tendenza europea del cattolicismo, politicamente di estrema destra, ma naturalmente erano più forti in certi paesi, come l’Italia, la Francia, il Belgio, dove, in forme diverse, le tendenze di sinistra in politica e nel campo intellettuale, si facevano sentire più fortemente nell’organizzazione cattolica. Nel Belgio, durante la guerra, i tedeschi sequestrarono una grande quantità di documenti riservati e segreti degli integrali, in seguito pubblicati e così si ebbe la prova abbondante che gli integrali avevano costituito una vera e propria associazione segreta per controllare, dirigere, «purgare» il movimento cattolico in tutti i suoi gradi gerarchici, con cifrari, fiduciari, corrispondenze clandestine, agenti per lo spionaggio ecc. Il capo degli integrali era monsignor Umberto Benigni, e una parte dell’organizzazione era costituita dal «Sodalitium Pianum» (da Papa Pio V), Monsignor Benigni, morto nel 1934, era un uomo di grande capacità teorica e pratica e di una attività incredibile: ha scritto, tra l’altro, un’opera di grande mole, La Storia sociale della Chiesa, di cui sono usciti 4 volumi d’oltre 600 pagine l’uno, in gran formato, editi dalla casa Hoepli. Come appare dalla «Civiltà Cattolica», il Benigni non ha mai interrotto la sua azione cospirativa nell’interno della Chiesa, nonostante le difficoltà in cui gli integrali sono venuti a trovarsi per il corso della politica di Pio XI, esitante, titubante, timida, ma tuttavia con indirizzo popolare democratico per la necessità di creare forti masse di Azione Cattolica. Gli integrali appoggiavano in Francia il movimento dell’Action Française, furono contro il Sillon: da per tutto sono contro ogni modernismo politico e religioso.

Di fronte ai gesuiti assumevano un atteggiamento quasi giansenistico, cioè di grande rigore morale e religioso, contro ogni forma di lassismo, di opportunismo, di centrismo. I gesuiti naturalmente accusano gli integrali di giansenismo (di ipocrisia giansenistica) e ancor di più, di fare il gioco dei modernisti (teologanti): 1) per la loro lotta contro i gesuiti; 2) perché allargavano talmente la nozione di modernismo e quindi ampliavano talmente il bersaglio, da offrire ai modernisti un campo di manovra comodissimo. Di fatto è avvenuto che nella loro comune lotta contro i gesuiti, integrale e modernisti si siano trovati obbiettivamente nello stesso terreno e abbiano collaborato tra loro (il Buonaiuti avrebbe scritto nella rivista del Benigni).

Cosa rimane oggi dei modernisti e degli integrali? È difficile identificare e calcolare la loro forza oggettiva nell’organizzazione ecclesiastica, specialmente dei modernisti (gli integrali hanno mantenuto le loro forze quasi intatte, anche dopo la campagna contro l’Action Française): in ogni modo essi sono sempre dei «fermenti» che continuano ad operare, in quanto rappresentano la lotta contro i gesuiti e il loro strapotere, lotta condotta anche oggi da elementi di destra e di sinistra, nell’apparente indifferenza della massa del clero e con risultati non trascurabili nella massa dei fedeli, che ignora queste lotte e il loro significato, ma appunto perciò non può raggiungere una mentalità unitaria e omogenea di base.

A queste forze interne, antagonistiche e clandestine o quasi, della Chiesa (per il modernismo la clandestinità è indispensabile) conviene avere dei «centri» esterni pubblici, o con efficacia diretta sul pubblico, con periodici o edizioni di opuscoli e di libri. Tra i centri clandestini e quelli pubblici esistono collegamenti clandestini che diventano il canale delle ire, delle vendette, delle denunzie, delle insinuazioni perfide, dei pettegolezzi per tenere sempre viva la lotta contro i gesuiti (che hanno anche loro una organizzazione non ufficiale o addirittura clandestina, alla quale devono contribuire i così detti «gesuiti laici», curiosa istituzione forse copiata dai terziari francescani e che numericamente pare rappresentino circa 1/4 di tutte le forze gesuitiche: questa istituzione dei «gesuiti laici» merita di essere studiata con attenzione). Tutto ciò dimostra che la forza coesiva della Chiesa è molto minore di ciò che si pensa, non solo per il fatto che la crescente indifferenza della massa dei fedeli per le quistioni puramente religiose ed ecclesiastiche dà un valore molto relativo alla superficiale ed apparente omogeneità ideologica, ma per il fatto ben più grave che il centro ecclesiastico è impotente ad annientare le forze organizzate che lottano coscientemente nel seno della Chiesa. Specialmente la lotta contro il modernismo ha demoralizzato il giovane clero, che non esita a pronunziare il giuramento antimodernista pur continuando a conservare le sue opinioni. (Ricordare gli ambienti torinesi dei giovani ecclesiastici, anche domenicani, prima della guerra, e le loro deviazioni che andavano fino ad accogliere benevolmente le tendenze modernizzanti dell’islamismo e del buddismo e a concepire la religione come un sincretismo mondiale di tutte le religioni superiori: dio è come il sole, di cui le religioni sono i raggi e ogni raggio guida all’unico sole ecc.),

Da un articolo di padre Rosa (Risposta ad «Una polemica senza onestà e senza legge», nella «Civiltà Cattolica» del 21 luglio 1928) sono tolte queste indicazioni: Monsignor Benigni continua (nel 1928) ad avere una notevole organizzazione: una collezione intitolata Vérités è pubblicata a Parigi e vi appaiono le firme Récalde, Luc Verus, Simon: Luc Verus è lo pseudonimo collettivo degli «integrali». Il Rosa cita l’opuscolo Les découvertes du jésuite Rosa, successeur de Von Gerlach, Parigi, Linotypie G. Dosne, Rue Turgot 20, 1928, che attribuisce al Benigni almeno per il materiale. I gesuiti sono accusati di essere «amici dei massoni e dei giudei» (fa ricordare la «dottrina» di Ludendorff sull’«internazionale massonico‑giudeo‑gesuitica»), sono chiamati «demagoghi e rivoluzionari» ecc. A Roma il Benigni si serve dell’agenzia Urbs o Romana e firma le sue pubblicazioni col nome di suo nipote Mataloni. Il bollettino romano del Benigni si intitolava «Veritas» (esce ancora o fino a quando è uscito?) Il Benigni (nel 1928 o prima?) ha pubblicato un opuscolo Di fronte alla calunnia, di poche pagine, con documenti che concernono il Sodalizio Piano, opuscolo che è stato riprodotto in parte e difeso da due periodici cattolici: «Fede e Ragione» (di Firenze) e la «Liguria del Popolo» di Genova). Il Benigni diresse il periodico «Miscellanea di storia ecclesiastica».

L’opuscolo Una polemica senza onestà e senza legge contro il p. Rosa è del prof. E. Buonaiuti. Il Rosa parla del libro di Buonaiuti: Le Modernisme catholique (pubblicato collezione diretta da P. L. Couchaud, edito dal Rieder) e osserva che l’autore finalmente ammette una serie di fatti che avrebbe sempre negato durante la polemica modernista (per es. che il Buonaiuti fu l’autore della campagna modernistica del «Giornale d’Italia», ciò che veramente il Buonaiuti nel suo libro non dice esplicitamente, ma che si può dedurre come verosimile, data la tortuosità di questi scrittori). Il Benigni organizzò il servizio stampa contro i modernisti al tempo dell’Enciclica Pascendi. Nelle sue «Ricerche religiose» (luglio 1928, p. 335) il Buonaiuti racconta un episodio caratteristico (riportato dal p. Rosa con espressioni di biasimo ecc.). Nel 1909 il modernista prof. Antonino De Stefano (attualmente prete spretato e insegnante di storia all’Università) doveva pubblicare a Ginevra una «Revue moderniste internationale»: il Buonaiuti scrisse una lettera. A poche settimane di distanza è chiamato al Sant’Uffizio. L’assessore del tempo, il domenicano Pasqualigo, gli contestò parola per parola la lettera al Da Stefano. La lettera era stata trafugata a Ginevra; un emissario romano si era «traforato» in casa De Stefano ecc. (Naturalmente per il Buonaiuti, Benigni è stato uno strumento e un complice dei gesuiti, ma pare che nel 1904 il Buonaiuti abbia collaborato nella «Miscellanea» del Benigni).

Su questo argomento, Cattolici integrali - gesuiti ‑ modernisti che rappresentano le tre tendenze «organiche» del cattolicismo, cioè sono le forze che si contendono l’egemonia nella Chiesa romana, occorre raccogliere tutto il materiale e costruire una bibliografia. (La collezione della «Civiltà Cattolica», delle «Ricerche religiose» del Buonaiuti, «Miscellanea» del Benigni, le collezioni di opuscoli polemici delle tre correnti ecc.).

Da quanto si rileva dalla «Civiltà Cattolica» pare che «Fede e Ragione» sia oggi la rivista più importante dei cattolici integrali. Vedere quali ne sono i principali collaboratori e in quali punti si pone in contrasto coi gesuiti: se in punti riguardanti la fede, la morale, la politica ecc. Gli «integrali» sono forti nel complesso di qualche ordine religioso rivale dei gesuiti (domenicani, francescani): è da ricordare che neanche i gesuiti sono perfettamente omogenei: il cardinale Billot, integrale intransigente fino ad abbandonare la porpora, era gesuita, e gesuiti furono alcuni modernisti di grido come il Tyrrell.

L’articolo: L’equilibrio della verità tra gli estremi dell’errore, nella «Civiltà Cattolica» del 3 novembre 1928, prende lo spunto dalla pubblicazione di Nicolas Fontaine: Saint‑Siège, «Action Française», et «Catholiques intégraux», Parigi, Gamber, 1928, di cui, in nota, si dà questo giudizio: «L’autore è dominato da pregiudizi politici e liberali, massime quando vede la politica nella condanna dell’Action Française; ma i fatti e i documenti, da lui allegati, sul famoso “Sodalizio” non furono smentiti». Ora il Fontaine non ha pubblicato nulla di completamente inedito (i documenti del Fontaine sugli «integrali» erano stati pubblicati nell’aprile 1924 dal «Mouvement»); perché dunque i gesuiti non se ne sono serviti prima? La quistione è importante e pare possa essere risolta in questi termini: l’azione pontificia contro l’Action Française è l’aspetto più appariscente e risolutivo di un’azione più vasta per liquidare una serie di conseguenze della politica di Pio X (in Francia, ma indirettamente anche negli altri paesi), cioè Pio XI vuole limitare l’importanza dei cattolici integrali, apertamente reazionari e che rendono quasi impossibile in Francia l’organizzazione di una forte Azione Cattolica e di un partito democratico‑popolare che possa far la concorrenza ai radicali, senza però attaccarli di fronte. La lotta contro il modernismo aveva squilibrato troppo a destra il cattolicismo; occorre pertanto nuovamente «incentrarlo» nei gesuiti, cioè ridargli una forma politica duttile, senza irrigidimenti dottrinari, con una grande libertà di manovra ecc.; Pio XI è veramente il papa dei gesuiti.

Ma lottare contro i cattolici integrali su un fronte organico è molto più difficile che lottare contro i modernisti. La lotta contro l’Action Française offre un terreno ottimo; gli integrali sono combattuti non come tali, ma in quanto sostenitori di Maurras, cioè la lotta è in ordine sparso, contro singole persone che non obbediscono al papa, che ne intralciano la difesa della fede e della morale contro un ateo e un pagano confesso, mentre l’insieme della tendenza è ufficialmente ignorato. Ecco l’importanza capitale del libro del Fontaine, che mostra il nesso organico tra Maurras e l’«integrismo» e aiuta energicamente l’azione del papa e dei gesuiti (è da notare che il Fontaine a più riprese insiste presso i «laicisti» francesi sul fatto che gli integrali e non i gesuiti sono «antidemocratici», che i gesuiti, in realtà, aiutano la democrazia ecc.; chi è il Fontaine? è uno specialista di studi sulla politica religiosa? non potrebbe essere ispirato dagli stessi gesuiti?)

Questo articolo della «Civiltà Cattolica», scritto certo dal p. Rosa, è molto cauto nell’uso dei documenti ristampati dal Fontaine, evita di analizzare quelli che non solo screditano gli integrali, ma gettano un’ombra di comicità e di discredito su tutta la Chiesa (gli integrali avevano organizzato una vera società segreta con cifrari, in cui il papa è chiamato «la baronessa Michelina» e altre personalità con nomi altrettanto romanzeschi, ciò che mostra la mentalità del Benigni verso i suoi «gerarchi»).

Sulla quistione «di merito» della politica di Pio XI le conclusioni non sono facili, come mostra lo stesso corso di questa politica, corso incerto, timido, titubante per le immense difficoltà contro cui deve cozzare continuamente. Si è detto più volte che la Chiesa cattolica ha virtù di adattamento e di sviluppo inesauribili. Ciò non è molto esatto. Nella vita della Chiesa possono essere fissati alcuni punti decisivi: il primo è quello che si identifica con lo scisma tra Oriente e Occidente, di carattere territoriale, tra due civiltà storiche in contrasto, con scarsi elementi ideologici e culturali, che ha inizio con l’avvento dell’Impero di Carlo Magno, cioè con un rinnovato tentativo di egemonia politica culturale dell’Occidente sull’Oriente; lo scisma avviene in un periodo in cui le forze ecclesiastiche sono scarsamente organizzate e si approfondisce sempre più, automaticamente, per la forza stessa delle cose, impossibili a controllare come avviene di due persone che per decenni non hanno contatti e si allontanano una dall’altra fino a parlare due lingue diverse. Il secondo è quello della Riforma, che avviene in ben diverse condizioni e che se ha come risultato una separazione territoriale, ha specialmente un carattere culturale e determina la Controriforma, e le decisioni del Concilio di Trento che limitano enormemente le possibilità di adattamento della Chiesa Cattolica. Il terzo è quello della Rivoluzione francese (Riforma liberale‑democratica) che costringe ancor più la Chiesa a irrigidirsi e mummificarsi in un organismo assolutistico e formalistico di cui il papa è il capo nominale, con poteri teoricamente «autocratici», in verità molto scarsi perché tutto il sistema si regge solo per il suo irrigidimento da paralitico. Tutta la società in cui la Chiesa si muove e può evolvere, ha la tendenza a irrigidirsi, lasciando alla Chiesa scarse possibilità di adattamento, già scarse per la natura attuale della Chiesa stessa. L’irrompere di forme nuove di nazionalismo, che poi sono il termine finale del processo storico iniziatosi con Carlo Magno, cioè col primo rinascimento, rende non solo impossibile l’adattamento, ma difficile l’esistenza, come si vede nella Germania hitleriana. D’altronde il papa non può «scomunicare» la Germania hitleriana, deve talvolta persino appoggiarsi ad essa, e ciò rende impossibile ogni politica religiosa rettilinea, positiva, di un qualche vigore. Di fronte a fenomeni come l’hitlerismo, anche larghe concessioni al modernismo non avrebbero nessun significato ormai, ma solo aumenterebbero la confusione e l’imbroglio. Né è detto che in Francia le cose siano più allegre, perché proprio in Francia è stata creata la teoria di contrapporre la «religione della patria» a quella «romana» e si può supporre un incremento di nazionalismo patriottico, non di cosmopolitismo romano, Dall’articolo della «Civiltà Cattolica» del 3 novembre 1928 sono tratti questi spunti. Si accenna che anche in Italia Maurras ha trovato difensori tra i cattolici: si parla di «imitatori o fautori, palesi od occulti, ma del pari aberranti dalla pienezza della fede e della morale cattolica, o nella teoria o nella pratica, pure gridando e anche illudendosi di volerle difendere integralmente e meglio di qualsiasi altro». L’Action Française «avventò contro chi scrive queste righe (il p. Rosa) un cumulo di vilipendii e di calunnie incredibili (sic), fino a quelle insinuate ripetutamente di assassinii ed esecuzioni spietate di confratelli!» (è da vedere quando e come queste accuse furono fatte al p. Rosa; tra i gesuiti c’era un’ala integralista e favorevole al Maurras, con uomini di primo piano come il cardinale Billot, che fu uno dei principali compilatori dell’enciclica Pascendi e che rinunziò alla carica di cardinale, cosa rarissima nella storia della Chiesa, che dimostra l’ostinata pervicacia del Billot e la volontà risoluta del papa di superare ogni ostacolo nella lotta contro Maurras).

La «Revue internationale des sociétés secrètes», diretta dall’abbate Boulin, è «integrale» e accanita antigesuita; il Boulin è collegato a Benigni‑Mataloni e si serve di pseudonimi (Roger Duguet). L’Action Française e gli integrali si attaccano disperatamente a Pio X e pretendono di restare fedeli ai suoi insegnamenti (ciò che nello sviluppo della Chiesa sarebbe un bel precedente, perché ogni papa, morto, potrebbe offrire il terreno per organizzare una setta che si attacca a un suo particolare atteggiamento; gli «integrali» vogliono rimettere in onore il Sillabo di Pio IX: nella proposta dell’Action Française di avere un ecclesiastico per la cattedra del Sillabo nelle sue scuole, era contenuta un’abile provocazione, ma Pio XI non solo non vuole ridare attualità al Sillabo, ma cerca perfino di attenuare ed edulcorare l’enciclica Pascendi).

L’articolo della «Civiltà Cattolica» è veramente importante e occorrerà rivederlo per il caso di un approfondimento della quistione. Bisognerà vedere tutte le sfumature dei «distinguo» a proposito della massoneria, dell’antisemitismo, del nazionalismo, della democrazia ecc. Anche per i modernisti si distingue tra illusi, ecc., e si prende posizione contro l’antimodernismo del Benigni ecc.: «Tanto più che era da temere e non mancammo di farlo notare fino da quegli anni a chi di dovere, che siffatti metodi avrebbero fatto il gioco dei modernisti veri, preparando in futuro gravi danni alla Chiesa. Il che si vide poi, ed anche al presente si vede, nello spirito cattivo di reazione, non del vecchio modernismo solamente e del liberalismo, ma del nuovo altresì e dell’integralismo stesso. Questo mostrava allora di volersi opporre ad ogni forma o parvenza di modernismo, anzi presumeva essere, come suol dirsi, più papale del papa, ed invece ora con grave scandalo o gli resiste ipocritamente o apertamente lo combatte, come avviene tra i fautori rumorosi dell’Action Française in Francia e i silenziosi loro complici in Italia».

Gli integrali chiamano i gesuiti «modernizzanti» e «modernizzantismo» la loro tendenza: hanno diviso i cattolici in integrali e non integrali cioè «papali» ed «episcopali» (pare che l’enciclica di Benedetto XV Ad beatissimi abbia notato, biasimandola, questa tendenza a introdurre tali distinzioni tra i cattolici, che lederebbero la carità e l’unità dei fedeli).

La «Sapinière» (da S. P. iniziali del «Sodalizio Piano») era la società segreta che si nascondeva dietro il velo del «Sodalizio Piano», ed organizzò la lotta contro i gesuiti modernizzanti, «in tutto contrariamente alla prima idea ed al programma officiale proposto al Santo Pontefice Pio X, indi approvato dal Segretario della Concistoriale, non certamente perché servisse allo sfogo di passioni private, alla denuncia e diffamazione di integerrimi ed anche eminenti personaggi, di Vescovi e d’interi Ordini religiosi, nominatamente del nostro, che mai finora erasi veduto in balia a siffatte calunnie, neppure ai tempi della sua soppressione. Da ultimo poi, finita la guerra e molto più dopo lo scioglimento del “Sodalizio Piano” – decretato dalla Sacra Congregazione del Concilio, non certo a titolo di lode, ma di proibizione e di biasimo – fu promossa tutta a spese di un noto e ricchissimo finanziere Simon di Parigi e della sua larga consorteria, la pubblicazione e la prodiga diffusione gratuita di libelli i più ignominiosi e criticamente insipienti contro la Compagnia di Gesù, i suoi Santi, i suoi dottori e le sue opere e le sue costituzioni, pure solennemente approvate dalla Chiesa. È la nota collezione dei così detti “Récalde”, cresciuta già ad oltre una dozzina di libelli, alcuni di più volumi, in cui è troppo riconosciuta e non meno retribuita la parte dei complici romani. Essa viene ora rinforzata dalla pubblicazione sorella di foglietti diffamatori, i più farneticanti, sotto il titolo complessivo ed antifrastico di “Vérités”, emuli dei fogli gemelli dell’Agenzia Urbs ovvero Romana, i cui articoli ritornano poi talora, quasi a verbo, in altri fogli “periodici”».

Gli integrali sparsero «le peggiori calunnie» contro Benedetto XV, come si può vedere dall’articolo comparso alla morte di questo papa nella «Vieille France» (di Urbain Gohier) e nella «Ronda» (febbraio 1922), «anche questo (periodico) tutt’altro che cattolico e morale, ma onorato tuttavia dalla collaborazione di Umberto Benigni, il cui nome si trova registrato nella bella compagnia di quei giovani più o meno scapestrati». «Lo stesso spirito di diffamazione, continuato sotto il presente Pontificato, in mezzo alle file medesime dei cattolici, dei religiosi e del clero, non si può dire quanto abbia fatto di male nelle coscienze, quanto scandalo portatovi e quanta alienazione di animi, in Francia sopra tutto. Quivi infatti la passione politica induceva a credere più facilmente le calunnie, mandate spesso da Roma, dopo che i ricchi Simon e altri compari, di spirito gallicano e giornalistico (sic), ne spesarono gli autori e procurarono la diffusione gratuita dei loro libelli, massime degli antigesuitici sopra menzionati, nei seminari, nelle canoniche, nelle curie ecclesiastiche, ovunque fosse qualche probabilità o verosimiglianza che la calunnia potesse attecchire; ed anche fra laici, massime giovani, e degli stessi licei governativi, con una prodigalità senza esempio». Gli autori già sospetti si servono dell’anonimo o di pseudonimi. «È notorio, tra i giornalisti specialmente, quanto poco meriti qualsiasi titolo di onore un siffatto gruppo col suo principale ispiratore, il più astuto a nascondersi, ma il più colpevole e il più interessato nell’intrigo» (si riferisce al Benigni o a qualche altro pezzo grosso del Vaticano?)

Secondo il p. Rosa, tra l’Action Française e gli «integrali» non c’era inizialmente «accordo» ma esso si è venuto formando dopo il 1926; ma questa affermazione è certo fatta ad arte per escludere ogni movente politico (lotta contro gli ultrareazionari) dalla lotta contro l’Action Française e per diminuire le responsabilità di Pio X. Nell’ultima nota dell’articolo si dice: «Non si deve tuttavia confondere l’uno con l’altro partito, come taluno ha fatto, per es. Nicolas Fontaine nell’opera citata Saint‑Siège, “Action Française” et “Catholiques intégraux”. Questo autore, come notammo, è più che liberale, ma purtroppo (sic) informatissimo dei casi niente edificanti della menzionata società clandestina, detta della “Sapinière” e dei suoi fautori francesi ed italiani, ed in ciò è ridicolo rinfacciare il suo liberalismo: occorre smentire i fatti su cui riparleremo a suo tempo». In realtà il Fontaine mostra esaurientemente il nesso tra integrali e Action Française, anche se è possibile dire che si tratta di due partiti distinti, di cui uno tende a servirsi dell’altro, e mostra come tale nesso risalga a Pio X. È curioso quel «purtroppo informatissimo», perché il Fontaine si è servito di materiale di dominio pubblico, come è «curioso» che il p. Rosa, nella «Civiltà Cattolica» non abbia più «riparlato» della «Sapinière» (fino alla morte di Monsignor Benigni, che non è stato ricordato; ed è difficile pensare che ne parli ancora, a meno che al Benigni non succeda qualche altra forte personalità nella direzione degli integrali): questo silenzio ha il suo significato. L’articolo conclude: «Ma la verità non ha da temere: e per parte nostra, noi siamo ben risoluti a difenderla senza paura né trepidazione od esitanza, anche contro i nemici interni, siano pure ecclesiastici facoltosi e potenti, che hanno fuorviato i laici per trarli ai loro disegni e interessi».

Ricorda un viaggio del Benigni in America (di cui parla la «Civiltà Cattolica», 1927, iv, p. 399) per la distribuzione di libelli antigesuiti: a Roma ci sarebbe un deposito di più decine di migliaia di copie di questi libelli.

L’Action Française aveva a Roma un suo redattore, Havard de la Montagne, che dirigeva un settimanale in lingua francese «Rome» destinato specialmente ai cattolici francesi, religiosi o laici, residenti o di passaggio a Roma: era il portavoce degli integrali e dei maurrassiani, il centro del loro raccoglimento e del servizio di informazione dell’Action Française presso il Vaticano, non solo per le quistioni religiose, ma specialmente per quelle politiche francesi e internazionali di carattere riservato. Non bisogna dimenticare che il Vaticano ha un servizio d’informazioni talvolta e per certi argomenti più preciso, più largo e più abbondante di qualsiasi altro governo. Poter servirsi di questa fonte era per l’Action Française una ragione non delle minori di certi successi giornalistici e di molte campagne personali e scandalistiche. Pare che dopo la rottura del 1926, «Rome» sia deperito e poi morto.

Il caso dell’abate Turmel di Rennes. Nella raccolta di scritti su L’Enciclica Pascendi e il modernismo il p. Rosa (il libro è del 1908‑1909) dedica alcune pagine «gustosissime» (non per il garbo e le virtù stilistiche dell’autore, che è un pedestre scribacchiatore, molto più pedestre, incondito e rozzo del suo antagonista Buonaiuti che pure non scherza) al caso «straordinario» dell’abate Turmel, modernista, che scriveva libri modernisti e persino di carattere tutt’affatto ateistico sotto varii pseudonimi e poi li confutava col suo vero nome. Dal 1908 al 1929 il Turmel ha continuato nel suo gioco di pseudonimi finché, per un caso, l’autorità ecclesiastica ebbe le prove palmari di questa duplicità; ma queste prove non furono subito esibite per liquidare l’abate: fu prima dato incarico al prof. L. Saltet, dell’Istituto cattolico di Tolosa, di fare un’ampia dimostrazione filologico‑critico- teologica (nel «Bulletin de Littérature Ecclésiastique» di Tolosa) della paternità turmeliana di tutta una serie di scritti pubblicati con ben 14 pseudonimi, e poi il Turmel fu espulso dalla Chiesa. (Su questo argomento vedi altra nota, più oltre). (La quistione dell’anonimato e degli pseudonimi cui ricorrevano i modernisti per sfuggire alle misure immediate di repressione è trattata dal Buonaiuti nel suo libro del 1927 sul modernismo Cattolico con qualche sofisma e con una certa imbarazzata reticenza. È certo che questa tattica da «politicante» nocque molto specialmente al Buonaiuti, che dagli «idealisti» della «Voce» fu presentato come una personalità quasi spregevole. La figura del Buonaiuti non perde, nonostante tutto, una certa sua aura di grandezza morale e di severità di carattere, se si pensa che egli è il solo che da più di 30 anni si è mantenuto nella sua posizione contro la Curia e i gesuiti, abbandonato da sostenitori e da amici, che o sono rientrati nell’ovile o sono passati decisamente nel campo laico. Né la sua attività è senza conseguenze per la Chiesa cattolica, se si tiene conto della diffusione dei suoi libri e del fatto che la Chiesa ripetute volte gli ha offerto dei compromessi).

Cfr l’articolo «La lunga crisi dell’Action Française» nella «Civiltà Cattolica» del 7 settembre 1929. Si loda il libro La trop longue crise de l’Action Française di Mons. Sagot du Vauroux, évêque d’Agen, Parigi, ed. Bloud, 1929, opera che «riuscirà utilissima anche agli stranieri, i quali non riescono a comprendere le origini e meno ancora la persistenza, congiunta a tanta ostinazione, degli aderenti cattolici che li acceca fino a farli vivere e morire senza sacramenti, piuttosto che rinunciare alle odiose esorbitanze di un loro partito e dei suoi dirigenti increduli». La «Civiltà Cattolica» cerca giustificarsi del fatto che non si occupa più spesso della polemica dell’Action Française e tra l’altro dice: «Oltre a ciò la prolungata crisi non tocca l’Italia se non per riverbero, ossia per una lontana (!?) concomitanza ed analogia, che essa potrebbe (!) avere con le tendenze generali paganeggianti dell’età moderna». (Questo maltusianismo polemico costituisce appunto la debolezza principale della posizione gesuitica contro l’Action Française ed è la causa maggiore del furore fanatico di Maurras e dei suoi seguaci: questi sono persuasi, non a torto, che il Vaticano fa su di loro una esperienza «in corpore vili», che essi hanno la funzione del ragazzo che, una volta, accompagnava il principe ereditario inglese e si pigliava le nerbate per conto del regale padrone; da ciò a far persuasi i seguaci di Maurras che l’assalto subìto è meramente politico, perché non universale che a parole, ci vuol poco. In verità il papa si è ben guardato, e così la «Civiltà Cattolica», di identificare e «punire» con le stesse sanzioni, negli altri paesi, gli elementi individuali o di gruppo che hanno le stesse tendenze di Maurras e non le nascondono).

Altre indicazioni di «cattolici integrali»: il Bloc antirévolutionnaire di Felix Lacointe, «degno amico del citato Boulin e dei suoi soci» (il Boulin dirige la «Revue Internationale des Sociétés secrètes»). Il Lacointe avrebbe pubblicato che il cardinale Rampolla era iscritto alla Massoneria o qualcosa di simile (al Rampolla si rimprovera la politica del ralliement fatta da Leone XIII; ricordare a proposito del Rampolla che il veto al Conclave contro la sua elezione al ponteficato fu fatto dall’Austria, ma per domanda di Zanardelli; sul Rampolla e la sua posizione verso lo Stato italiano offre elementi nuovi il Salata nel I° volume, e solo pubblicato, dei suoi Documenti diplomatici sulla questione romana).

Un elemento ideologico molto significativo del lavoro che i gesuiti esplicano in Francia per costituire una larga base popolare al movimento cattolico‑democratico è questo giudizio storico‑politico: Chi è responsabile dell’«apostasia» del popolo francese? Solo gli intellettuali democratico-rivoluzionari che si richiamavano al Rousseau? No. I più responsabili sono gli aristocratici e la grande borghesia che hanno civettato con Voltaire: «… le rivendicazioni tradizionali (dei monarchici) del ritorno all’antico sono pure rispettabili, quantunque inattuabili, nelle condizioni presenti. E sono inattuabili anzitutto per colpa di tanta parte dell’aristocrazia e borghesia di Francia, poiché dalla corruzione e dall’apostasia di questa classe dirigente fino al secolo XVIII originò la corruzione e l’apostasia della massa popolare in Francia, avverandosi anche allora che regis ad exemplum totus componitur orbis. Il Voltaire era l’idolo di quella parte dell’aristocrazia corrotta e corrompitrice del suo popolo, alla cui fede e costumatezza procurando scandalose seduzioni, essa scavava a se medesima la fossa. E sebbene poi al sorgere del Rousseau con la sua democrazia sovversiva in opposizione all’aristocrazia volterriana, si fecero opposizione teorica le due correnti dell’apostasia – come tra i due tristi corifei – che parevano muovere da contrari errori, confluirono in una stessa pratica ed esiziale conclusione: nell’ingrossare cioè il torrente rivoluzionario ecc. ecc.».

Così oggi: Maurras e C. sono avversari della democrazia alla Rousseau e delle «esagerazioni democratiche» («esagerazioni», si badi bene, solo «esagerazioni») del Sillon, ma sono discepoli e ammiratori di Voltaire (Jacques Bainville ha curato un’edizione di lusso degli scritti di Voltaire e i gesuiti non lo dimenticano). Su questo nesso storico- critico riguardante le origini dell’«apostasia» popolare in Francia la «Civiltà Cattolica» cita un articolo della «Croix» del 15‑16 agosto 1929: L’apostasie navrante de la masse populaire en France che si riferisce al libro: Pour faire l’avenir del P. Croizier dell’«Action populaire» edito nel 1929 dalle edizioni Spes di Parigi.

Tra i seguaci di Maurras e C. oltre ai conservatori e monarchici la «Civiltà Cattolica» (sulle tracce del vescovo di Agen) rileva altri quattro gruppi: 1) gli snobisti (attratti dalle doti letterarie, specialmente del Maurras); 2) gli adoratori della violenza e della maniera forte, «con le esagerazioni dell’autorità, spinta verso il dispotismo, sotto colore di resistenza allo spirito di insubordinazione o sovvertimento sociale, dell’età contemporanea»; 3) i «falsi mistici», «creduli a vaticinii di straordinarie ristaurazioni, di conversioni meravigliose o di provvidenziali missioni» assegnate proprio a Maurras e C. Questi, fin dal tempo di Pio X, «imperterriti», scusano l’incredulità di Maurras, imputandola «al difetto della grazia», «quasi che non fosse data a tutti la grazia sufficiente per la conversione, né fosse imputabile a chi vi resiste il cadere o il persistere nella colpa» (sarebbero questi, pertanto, semieretici, perché, a giustificare Maurras, ripetono le posizioni giansenistiche o calviniste. A questo proposito occorre spiegare la pervicacia di Maurras nel non volersi «convertire» cosa che non può essere solo dovuta alla «integrità e lealtà etica e intellettuale» e appunto perciò fa trepidare i gesuiti: essi comprendono che se il gruppo Maurras prendesse il potere statale, la situazione di fatto del cattolicismo in Francia diverrebbe più difficile dell’attuale. Fa meraviglia perciò l’atteggiamento del Vaticano verso lo hitlerismo, nonostante che Rosenberg avesse scritto il suo Mito prima della presa del potere: è vero che Rosenberg intellettualmente non è della statura di Maurras ma tutto il movimento hitleriano è intellettualmente basso e volgare ed era prevedibile ciò che poi è successo verso il cattolicismo e il cristianesimo).

Il quarto gruppo (il più pericoloso per la «Civiltà Cattolica») sarebbe composto dagli «integrali» (la «Civiltà Cattolica» osserva che il vescovo di Agen li chiama anche «integristi», «ma è notorio che essi non sono da confondere col partito politico, chiamato degli “integristi”, nella Spagna»). Questi «integrali», scrive la «Civiltà», «anche in Italia non mancarono di favorire i positivisti e increduli dell’Action Française solo perché violenti contro il liberalismo e altre forme di errori moderni senza avvertire che essi trascorrevano ad estremi opposti, del pari erronei e perniciosi ecc.». «Così abbiamo veduto, anche in Italia, qualche loro foglio accennare appena, come di volo, alla condanna dell’Action Française, in cambio di pubblicarne i documenti e illustrarne il senso e la ragione, indugiandosi invece sulla ristampa ed il commento della condanna del Sillon; quasi che i due moti fra loro opposti, ma del pari opposti alla dottrina cattolica, non potessero essere e non fossero egualmente riprovevoli. Cosa questa degna di nota, perché mentre quasi in ogni numero di siffatte pubblicazioni non manca qualche accusa o escandescenza contro autori cattolici, sembra che venga meno o lo spazio o la lena per una franca ed energica trattazione di condanna contro quelli dell’Action Française; anzi si ripetono spesso le calunnie, come quella di una pretesa piega a sinistra, ossia verso il liberalismo, popolarismo, falsa democrazia, contro chi non seguiva il loro modi procedere».

Nella corrente dei «cattolici integrali» bisogna mettere anche Henri Massis e il gruppo dei «difensisti dell’Occidente»; ricordare le frecciate del padre Rosa contro il Massis nella risposta alla lettera aperta di Ugo Ojetti).